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autore
brano
 
Cicerone
De Natura Deorum III,83
 
originale
 
[83] Diogenes quidem Cynicus dicere solebat Harpalum, qui temporibus illis praedo felix habebatur, contra deos testimonium dicere, quod in illa fortuna tam diu viveret. Dionysius, de quo ante dixi, cum fanum Proserpinae Locris expilavisset, navigabat Syracusas; isque cum secundissumo vento cursum teneret, ridens 'Videtisne', inquit, 'amici, quam bona a dis inmortalibus navigatio sacrilegis detur?' Atque homo acutus cum bene planeque percepisset, in eadem sententia perseverabat. Qui quom ad Peloponnesum classem appulisset et in fanum venisset Iovis Olympii, aureum ei detraxit amiculum grandi pondere, quo Iovem ornarat e manubus Carthaginiensium tyrannus Gelo, atque in eo etiam cavillatus est aestate grave esse aureum amiculum, hieme frigidum, eique laneum pallium iniecit, cum id esse ad omne anni tempus diceret. Idemque Aesculapi Epidauri barbam auream demi iussit; neque enim convenire barbatum esse filium, cum in omnibus fanis pater imberbis esset.
 
traduzione
 
83. Diogene il Cinico era solito affermare che Arpalo, considerato a quei tempi come un pirata fortunato, costituiva per la sua lunga fortuna una vivente testimonianza contro gli d?i. Dionisio, di cui s'? gi? detto, dopo aver depredato a Locri il tempio di Proserpina, stava navigando verso Siracusa. Visto che il viaggio procedeva bene con il favore del vento: ? Vedete ? disse ridendo ?o amici, che bella navigazione gli d?i immortali offrono ai sacrileghi? ?. Da uomo acuto quale era, considerata bene ogni cosa, persever? nello stesso atteggiamento. Sbarcato nel Peloponneso e giunto nel tempio di Giove Olimpio spogli? la statua dei Dio del pesante mantello d'oro di cui l'aveva ornata Gelone servendosi del bottino tolto ai Cartaginesi e non si perit? di fare dello spirito sulla cosa dicendo che un mantello d'oro ? fastidioso d'estate e freddo d'inverno: rivesti perci? la statua di un mantello di lana col pretesto che essa si adattava a tutte le stagioni. Analogamente ad Epidauro ordin? che si asportasse la barba d'oro di Esculapio col pretesto che non era bello che il figlio avesse la barba quando in tutti i templi il padre era raffigurato senza barba.
 

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